La questione: quando inizia a decorrere la prescrizione dei crediti da lavoro?
Nel diritto del lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi rappresenta uno degli snodi più delicati nei rapporti tra lavoratore e datore di lavoro.
La questione ruota attorno a un interrogativo cruciale: il termine quinquennale di prescrizione dei crediti da lavoro inizia a decorrere durante il rapporto o soltanto dopo la sua cessazione?
Fino a pochi anni fa, la risposta variava in base alla stabilità del rapporto di lavoro e alla tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Oggi, grazie a una serie di interventi della Corte di Cassazione culminati nella sentenza n. 26958 del 7 ottobre 2025, il quadro appare finalmente consolidato.
Il principio affermato dalla Cassazione 2025
Con la sentenza n. 26958/2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Pres. Manna, Rel. Riverso) ha ribadito che la prescrizione dei crediti di lavoro decorre dalla cessazione del rapporto e non durante la sua esistenza.
Il principio – inizialmente espresso con Cass. n. 26246/2022 e confermato da numerose pronunce successive (nn. 19493/2023, 21332/2023, 21640/2023, 25477/2023) – trova ora definitiva consacrazione.
Secondo la Corte, le profonde modifiche legislative introdotte dalla legge n. 92/2012 (riforma Fornero) e dal d.lgs. n. 23/2015 (Jobs Act) hanno di fatto eliminato la “tutela reale” come regola generale, riducendo la stabilità del rapporto di lavoro.
In mancanza di una protezione effettiva contro il licenziamento illegittimo, il lavoratore vive in uno stato di “metus”, cioè nel timore concreto di ritorsioni, e non è realmente libero di agire per il riconoscimento dei propri diritti.
Da ciò consegue che la decorrenza della prescrizione non può iniziare durante il rapporto, ma solo al momento della sua cessazione, quando il vincolo di subordinazione è venuto meno e il lavoratore può esercitare liberamente le proprie pretese.
L’impatto sistemico: un principio ormai generale
La Cassazione del 2025, richiamando anche la giurisprudenza delle Sezioni Unite e la disciplina riformata dall’art. 441-ter c.p.c. (riforma Cartabia), ha chiarito che il principio vale per tutti i lavoratori subordinati, a prescindere dalla natura del datore di lavoro o dalla forma contrattuale.
In sostanza, il sistema si uniforma a un criterio semplice e coerente:
- la prescrizione dei crediti retributivi decorre solo dal momento della cessazione del rapporto di lavoro;
- durante il rapporto, i crediti del lavoratore restano “protetti” dalla condizione di subordinazione, che limita la libertà di azione;
- le modifiche legislative dal 2012 in avanti hanno cancellato ogni presunzione di stabilità, rendendo questo principio universalmente applicabile.
Le conseguenze pratiche nel 2025
L’effetto più rilevante è di natura retroattiva e quantitativa:
molti lavoratori potranno oggi rivendicare differenze retributive o diritti maturati anche in periodi lontani, purché non siano trascorsi cinque anni dalla cessazione del rapporto.
Per i datori di lavoro, ciò impone una gestione più attenta dei contenziosi e delle scritture contabili, anche in relazione a periodi pregressi.
Per i consulenti e gli avvocati del lavoro, la sentenza n. 26958/2025 rappresenta un punto fermo da cui ripartire nella valutazione della prescrizione dei crediti.
Conclusione
La Cassazione 26958/2025 segna un passaggio decisivo:
il sistema della prescrizione dei crediti da lavoro è oggi unitario e coerente, fondato su un principio di effettività della tutela dei diritti del lavoratore.
La prescrizione decorre solo dalla cessazione del rapporto, perché finché il lavoratore resta alle dipendenze del datore di lavoro, la sua posizione di debolezza e il timore di perdere l’impiego impediscono una tutela pienamente libera.
È un principio di equilibrio tra diritto sostanziale e realtà dei rapporti di lavoro: la giurisprudenza, colmando un vuoto normativo, restituisce centralità alla funzione protettiva del diritto del lavoro.
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