La decisione delle Sezioni Unite
Con la sentenza n. 23876 del 26 agosto 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto un importante contrasto giurisprudenziale in tema di indennità di disoccupazione NASpI e conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La Corte ha stabilito che il lavoratore che ha percepito la NASpI al termine di un contratto a tempo determinato non è tenuto a restituire l’indennità qualora, successivamente, ottenga in giudizio la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per nullità del termine.
Le motivazioni della Corte
Secondo le Sezioni Unite, la legittimità della prestazione NASpI si fonda sullo stato di disoccupazione e di bisogno del lavoratore al momento della richiesta.
Pertanto, anche se in un momento successivo il giudice accerta la nullità del termine e dichiara la continuazione del rapporto a tempo indeterminato, non viene meno la giustificazione dell’indennità: il lavoratore, infatti, al momento della fruizione della NASpI, versava in una condizione reale di perdita della retribuzione.
La Cassazione sottolinea inoltre che non vi è duplicazione tra la NASpI e gli importi che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere a seguito della conversione del rapporto.
Quest’ultimi hanno natura risarcitoria, mentre la NASpI ha funzione assistenziale e sostitutiva del reddito.
Implicazioni pratiche
La sentenza ha un impatto rilevante sia per i lavoratori che per le aziende:
- i lavoratori non rischiano la restituzione delle somme percepite dall’INPS in caso di successiva conversione del contratto;
- le aziende dovranno corrispondere le differenze retributive dovute per la riqualificazione del rapporto, ma senza alcuna compensazione con la NASpI ricevuta dal dipendente.
Conclusioni
La pronuncia n. 23876/2025 delle Sezioni Unite rappresenta un importante chiarimento sistematico: la NASpI non è un’anticipazione indebita né un duplicato dell’indennità risarcitoria, ma un sostegno temporaneo al reddito in presenza di effettivo stato di disoccupazione.
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