Crediti di lavoro e interessi: tra debiti di valore, debiti di valuta e superinteressi

Nel diritto del lavoro, la tutela del creditore-lavoratore passa anche attraverso la corretta qualificazione del credito vantato e la conseguente disciplina degli interessi. Comprendere se ci si trovi davanti a un debito di valore o a un debito di valuta è decisivo per determinare non solo la decorrenza degli interessi, ma anche l’applicabilità della rivalutazione monetaria e degli interessi maggiorati ex art. 1284, comma 4, c.c.

1. Crediti di valore e crediti di valuta: una distinzione strutturale

Il principio nominalistico (art. 1277 c.c.) regola i debiti di valuta: il debitore si libera pagando la somma originariamente pattuita, anche se il potere d’acquisto della moneta è mutato. Questo principio può essere derogato solo da previsioni normative o contrattuali (es. clausole di indicizzazione).

Diverso è il caso dei debiti di valore, tipicamente i debiti risarcitori, nei quali la moneta non è oggetto della prestazione, ma il mezzo per reintegrare una perdita o un danno. In tal caso, l’obbligazione non è soggetta al principio nominalistico, e il suo valore in denaro deve essere attualizzato in funzione del potere d’acquisto al momento della liquidazione.

2. Crediti risarcitori e crediti pecuniari nel rapporto di lavoro

Nel rapporto di lavoro, si distinguono:

  • Crediti pecuniari contrattuali: retribuzioni, premi, TFR, ecc. Sono debiti di valuta, sin dall’origine.
  • Crediti risarcitori: ad esempio l’indennità per licenziamento illegittimo o il danno da demansionamento. Si tratta di debiti di valore, la cui quantificazione avviene solo a posteriori e ha carattere reintegrativo.

Questa distinzione incide profondamente sul regime degli interessi e sulla rivalutazione monetaria.

3. Interessi legali e rivalutazione monetaria nel processo del lavoro (art. 429 c.p.c.)

L’art. 429, comma 3, c.p.c. prevede che il giudice del lavoro debba riconoscere gli interessi legali e, se richiesto, anche il maggior danno da svalutazione (cd. rivalutazione monetaria), per tutti i crediti di lavoro condannando “al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto”.

Nel caso di debiti di valuta, la rivalutazione è una forma di risarcimento del maggior danno (art. 1224, comma 2, c.c.).
Nel caso di debiti di valore, invece, la rivalutazione monetaria è intrinseca alla quantificazione del credito, mentre gli interessi decorrono solo dalla liquidazione, come interessi compensativi.

4. Superinteressi e debiti di valuta: il nodo dell’art. 1284, comma 4, c.c.

Il quarto comma dell’art. 1284 c.c. prevede che, dal momento della proposizione della domanda giudiziale, gli interessi legali siano maggiorati (cd. “superinteressi”), secondo il tasso previsto per i ritardi nelle transazioni commerciali.

Tuttavia, la giurisprudenza dominante della Cassazione (Cass. 28409/2018, 8289/2019, 14512/2022) ha affermato che questa maggiorazione si applica solo alle obbligazioni pecuniarie di fonte contrattuale, escludendo dunque:

  • i crediti da fatto illecito o da altro atto o fatto idoneo a produrre obbligazioni;
  • i casi regolati da norme speciali, come l’art. 429 c.p.c.

5. L’orientamento giurisprudenziale: tra restrizioni e negazioni

La Corte di Cassazione (Cass. 11343/2025) ha escluso l’applicazione dei superinteressi ai crediti di lavoro, anche se pecuniari, qualificandoli come ipotesi regolate da norme speciali (art. 429 c.p.c.). Secondo tale indirizzo:

  • la clausola “interessi legali” di cui al comma 3 dell’art. 429 c.p.c. va intesa in riferimento esclusivo al tasso base dell’art. 1284, comma 1, c.c., e non può inglobare la maggiorazione ex comma 4;
  • la richiesta dei superinteressi richiede una domanda autonoma e un accertamento espresso del titolo contrattuale.

Anche le Sezioni Unite, pur non pronunciandosi direttamente sulla cumulabilità tra interessi ordinari e superinteressi nel lavoro, hanno tracciato una linea netta: la maggiorazione è limitata a ipotesi tipizzate e non si presume.

In un caso recente, la Cassazione ha escluso l’applicabilità dei superinteressi alla indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo, affermando che “l’interpretazione estensiva del cumulo darebbe luogo a uno sproporzionato cumulo di pene private, potenzialmente contrario all’art. 3 Cost.”

6. La sentenza n. 12449/2024 delle Sezioni Unite: i superinteressi richiedono un accertamento espresso

Un chiarimento fondamentale in materia è giunto dalla sentenza n. 12449/2024 delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, pronunciata su rinvio pregiudiziale (ex art. 363-bis c.p.c.) dal Tribunale di Milano.

La Corte ha stabilito un principio di diritto netto: la semplice indicazione degli “interessi legali” nella sentenza di condanna non consente di ritenere applicabile il tasso maggiorato previsto dall’art. 1284, comma 4, c.c., a meno che non vi sia uno specifico accertamento giudiziale sulla spettanza di tali interessi superlegali.

«Ove il giudice disponga il pagamento degli “interessi legali” senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale […] lo specifico accertamento della spettanza degli interessi […] secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali».

Le Sezioni Unite sottolineano che l’art. 1284, comma 4, non è una semplice regola automatica, ma una fattispecie autonoma che impone la verifica di precisi presupposti: la fonte contrattuale dell’obbligazione, l’assenza di accordi tra le parti sul saggio degli interessi, la decorrenza dalla domanda giudiziale.

Di conseguenza, se il giudice della cognizione non accerta espressamente che tali presupposti ricorrono, il giudice dell’esecuzione non può integrarli, pena la violazione del principio di separazione tra fase cognitiva e fase esecutiva. Il creditore, in tal caso, non potrà ottenere i superinteressi in sede esecutiva, ma dovrà semmai promuovere apposita impugnazione del titolo esecutivo.

Questa pronuncia consolida e legittima l’orientamento restrittivo che nega la portata automatica del comma 4 dell’art. 1284 c.c., rafforzando il principio per cui la spettanza dei superinteressi è subordinata a un accertamento espresso e motivato.

7. Critiche: tra svuotamento della norma e rischio di disincentivo

L’indirizzo giurisprudenziale maggioritario, oltre ad apparire restrittivo, è stato criticato per svuotare di efficacia la previsione dell’art. 1284, comma 4, c.c., che nasce con finalità dissuasive e compensative nei confronti del debitore inadempiente.

Nel processo del lavoro, dove spesso il creditore è in una posizione strutturalmente debole, la negazione dei superinteressi – anche a fronte di lunghi ritardi nel pagamento – rischia di:

  • disincentivare il ricorso al giudice;
  • premiare l’inerzia del datore di lavoro;
  • favorire comportamenti opportunistici, in contrasto con i principi costituzionali di tutela del lavoro (art. 35 Cost.) e di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.).

Inoltre, la Cassazione ha evitato un chiarimento delle Sezioni Unite, rifiutando la rimessione operata dal Tribunale di Parma, malgrado l’interesse interpretativo evidente.

7. Conclusioni

Nel panorama attuale, la norma sui superinteressi rischia di sopravvivere come simulacro, inapplicabile ai crediti di lavoro anche quando formalmente riconducibili a obbligazioni pecuniarie.

L’orientamento prevalente riconosce:

  • la rivalutazione monetaria e gli interessi legali per i crediti di valore;
  • gli interessi legali (e in alcuni casi la rivalutazione) per i crediti di valuta;
  • l’esclusione dei superinteressi per entrambi i casi, se non in ipotesi residuali e con richiesta espressa.

In attesa di un intervento normativo he ridefinisca la materia, il rischio è quello di un’asimmetria sistemica tra la funzione sostanziale della norma e la sua concreta operatività nei processi.

Riccardo Fratini

Lascia un commento

Torna in alto
Chiama Ora