Maturazione delle Provvigioni dell’Agente nel Contratto ad Esecuzione Continuata e Periodica

Maturazione delle provvigioni: 1,- La disciplina precedente alla Direttiva Europea. Prima dell’intervento della direttiva comunitaria 86/653/CEE del 18 dicembre 1986 sugli agenti di commercio indipendenti e delle due leggi di attuazione della Direttiva (D.lgs. 10 settembre 1991 n. 303 e D.lgs. 18 febbraio 1999 n. 65), l’agente aveva diritto alla provvigione solo per gli affari che avevano avuto regolare esecuzione (art. 1740, primo comma cod. civ.) o per gli affari che non avevano avuto esecuzione per causa imputabile al preponente (art. 1749 cod. civ.). Se l’affare aveva avuto esecuzione parziale, la provvigione spettava all’agente in proporzione alla parte eseguita (art. 1748, primo comma, cod. civ.).

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In base alla norma codicistica – così come era formulata prima dell’attuazione della Direttiva – la giurisprudenza e la dottrina erano concordi nel ritenere che l’agente acquisisse il diritto alla provvigione non nel momento in cui aveva svolto l’attività di promozione della conclusione del contratto, ma solo quando questo era stato accettato delle parti ed aveva avuto regolare esecuzione. Era, pertanto, necessario il verificarsi di tre condizioni affinché l’agente potesse vantare un diritto alla provvigione: a) promozione dei contratto, b) conclusione dei contratto e c) esecuzione dei contratto. Inoltre, l’agente, prima che l’affare fosse andato a buon fine, non poteva disporre della provvigione se non come cessione di un credito futuro.

2.- L’introduzione della direttiva europea 86/653/CEE. La disciplina così descritta veniva modificata dalla legge 15 febbraio 1999 n. 65 di attuazione della Direttiva. Quest’ultima prevedeva che gli Stati Membri avrebbero potuto stabilire che l’agente acquistasse il diritto alla provvigione nel momento e nella misura in cui si fosse verificato alternativamente uno dei casi seguenti: a) il preponente aveva eseguito l’operazione; b) il preponente avrebbe dovuto eseguire l’operazione in virtù dell’accordo concluso con il terzo; c) Il terzo aveva eseguito la prestazione; e che la provvigione poteva maturarsi al più tardi quando il terzo aveva eseguito la sua parte dell’operazione o avrebbe dovuto eseguirla qualora il preponente avesse eseguito la sua (art. n. 2 della Direttiva).

La legge 15 febbraio 1999 n. 65 di attuazione della Direttiva andava, di conseguenza, a modificare l’art. 1748, quarto comma, del cod. civ. stabilendo che, salvo diversa pattuizione, la provvigione spettasse all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetterebbe all’agente, al più tardi, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione, qualora il preponente avesse dovuto eseguire la prestazione e suo carico.

3.- La prima interpretazione della Cassazione. La Corte Suprema chiamata per la prima volta a pronunciarsi sulla normativa, come modificata, tuttavia, aveva ritenuto più opportuno individuare la norma di riferimento in materia nel comma 1 dell’art. 1748 c.c., anche esso modificato dalla direttiva, ed aveva affermato “che per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748, primo comma, del cod. civ.)”[1]

Il riferimento al primo comma, però, in luogo del quarto, appare erroneo[2]. Voci autorevoli in dottrina[3] si sono spese a criticare l’interpretazione infedele al dettato europeo posta in essere dalla Corte di Cassazione, in quanto il citato art. 7, trasfuso nel primo comma dell’art. 1748 c.c., non era volto, come chiaramente si evince dalla lettura integrale del testo originario [cfr. nota n. 2], alla determinazione del momento di perfezionamento dell’obbligazione di corrispondere la provvigione all’agente, ma piuttosto all’elencazione dei casi in cui astrattamente essa sarebbe stata dovuta.

In definitiva, dunque, si potrebbe affermare che, nella norma italiana, la proposizione “l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”, citata, andrebbe, invece, letta nel senso che all’agente è dovuta la provvigione se l’operazione è stata conclusa grazie al suo apporto, cioè se ricorra tale circostanza. Mentre questa disposizione nulla direbbe sul momento in cui sorge l’obbligazione.

Tale momento dovrebbe, invece, ritenersi determinato dall’art. 10 della Direttiva, poi trasfuso nel citato comma 4 dell’art. 1748 c.c., in cui si lasciava al legislatore nazionale la scelta tra i citati tre momenti sopra richiamati (ossia, il proponente aveva eseguito l’operazione, il preponente avrebbe dovuto eseguire l’operazione in virtù dell’accordo concluso con li terzo, il terzo aveva eseguito la prestazione), precisando che, in ogni caso, l’obbligazione avrebbe potuto sorgere “al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico” (art. 10, c.1, lett. c) della Direttiva; art. 1748, c. 4, c.c.).

3.- La pronuncia della Corte di Giustizia. Nel 2008 un intervento della Corte di Giustizia[4] dell’Unione ha invertito il trend interpretativo giurisprudenziale formatosi fino a quel momento, affermando che: “l’art. 10 della direttiva individua gli eventi che fanno sorgere tale diritto. Al riguardo, il paragrafo 1 di tale articolo distingue tre situazioni alternative suscettibili, ciascuna isolatamente considerata, di costituire il fatto generatore del diritto alla provvigione. Tale diritto si perfeziona infatti dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito l’operazione o dovrebbe averla eseguita in virtù dell’accordo concluso con il terzo interessato, o ancora dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito l’operazione. L’art. 10, n. 2, della direttiva precisava che il diritto a provvigione si perfeziona al più tardi quando il terzo ha eseguito la sua parte dell’operazione o dovrebbe averla eseguita qualora il preponente avesse eseguito la propria. Dalla sintesi di tali due paragrafi dell’art. 10 della direttiva emerge che il diritto dell’agente commerciale alla provvigione sorge vuoi quando il preponente ha adempiuto la propria obbligazione o avrebbe dovuto adempierla, vuoi quando il terzo rispetto al contratto di agenzia, vale a dire il cliente, ha o avrebbe dovuto adempiere la propria. In tutti questi casi di specie, la presenza del preponente nelle operazioni per le quali l’agente commerciale ha diritto alla provvigione è indispensabile”.

La pronuncia della Corte di Giustizia sembrerebbe, quindi, confermare gli indirizzi dottrinali sopra esposti nel senso di ritenere perfezionato il diritto alla provvigione al momento dell’esecuzione della prestazione e non invece al momento della conclusione del contratto.

  1. Contratti ad esecuzione continuata o periodica. Tale distinzione, apparentemente sottile, acquista una grande rilevanza nell’ipotesi dei cd. Contratti ad esecuzione continuata e periodica. Tale tipologia di contratti, infatti, si distingue dal contratto ad esecuzione immediata, in quanto in essi l’esecuzione non segue immediatamente la conclusione del negozio, né si esaurisce in un singolo atto di adempimento, si protrae invece nel tempo ed è esaurita solo da una serie di atti previsti dal contratto stesso come adempimenti agli obblighi da esso previsti.

A questo punto giova distinguere il contratto ad esecuzione continuata, in cui gli effetti si prolungano nel tempo in quanto la prestazione, unica, è ininterrotta, dal contratto ad esecuzione periodica, ove vi sono più prestazioni effettuate in momenti diversi, sia in date prestabilite che saltuariamente, su richiesta dell’altra parte. Nel primo caso, dunque, l’obbligazione, unica, è adempiuta da una serie di atti e non può dirsi eseguita fino al compimento dell’intera serie, potendosi al limite configurare come adempimento parziale l’esecuzione solo di una parte di esse. Nel secondo, invece, il contratto fa insorgere più obblighi, prestabiliti o determinabili in base ai criteri del contratto o rimessi all’arbitrio dell’altro contraente.

Ora, tornando al contratto di Agenzia, bisogna considerare che, anche alla luce di quanto chiarito dalla Corte di Giustizia sopra richiamata e facendo riferimento al dato letterale della norma, potrebbe argomentarsi come la provvigione sia dovuta all’agente solo quando il terzo “ha eseguito” l’obbligazione, ossia quando questi abbia provveduto al pagamento. La scelta del passato prossimo, infatti, lascerebbe intuire che il diritto potrebbe ritenersi sorto solo a conclusione dell’esecuzione. Di conseguenza, l’opzione interpretativa che consideri unica la prestazione, adempiuta parzialmente nell’arco del tempo che precede la conclusione del contratto finale, imporrebbe di ritenere dovuta la provvigione all’agente solo quando il contratto sia definitivamente cessato[5] e pertanto l’esecuzione sia stata ultimata.

L’interpretazione fornita potrebbe, però, risultare molto gravosa per l’agente.

Questi concentra la propria attività, per la maggior parte, nel momento che precede la stipulazione e sarebbe svantaggiato nel veder maturare le sue provvigioni solo al termine di un contratto che potrebbe anche vere una durata pluriennale.

L’interpretazione contraria, che vede il contratto di Agenzia sempre legato ad un contratto ad esecuzione periodica, sembra più in linea con gli intenti della Direttiva. Essa, infatti, afferma che “la provvigione è acquisita al più tardi quando il terzo ha eseguito la sua parte dell’operazione o dovrebbe averla eseguita qualora il preponente avesse eseguito la sua“ (art. 10). Il riferimento all’effettiva esecuzione della “operazione” in senso atecnico e non dell’obbligazione in senso tecnico lascerebbe intendere che una singola “operazione” conterrebbe sempre molte obbligazioni. In questo modo l’agente maturerebbe la parte delle provvigioni in corrispondenza di ciascun adempimento periodico.

 

5.- Il momento di insorgenza dell’obbligo di corrispondere la provvigione. Proseguendo nel ragionamento, in conseguenza della considerazioni sopra illustrate, qualificando quello di telefonia come contratto ad esecuzione periodica – dove pertanto vi sono più prestazioni e quindi più esecuzioni effettuate in momenti diversi – è a ciascuna esecuzione che occorre guardare per individuare il momento in cui sorge l’obbligo a corrispondere la provvigione.

In caso, tuttavia, di cessazione del rapporto di agenzia verrebbero meno gli obblighi reciproci che trovano fonte nel contratto stesso, incluso quello incombente sulla preponente di corrispondere la provvigione. In tal senso, anche la giurisprudenza di merito si è espressa nel ritenere che, se lo richiede “la particolarità del rapporto e degli affari, i quali ben possono proiettarsi su un arco temporale anche successivo alla cessazione del rapporto, trattandosi di contratti a durata pluriennale nel corso dei quali possono succedersi più agenti” [13], non potrebbe dirsi illegittima la clausola contrattuale che specificamente limiti la percezione delle provvigioni da parte dell’agente al periodo di costanza del rapporto in quei contratti a durata pluriennale.

Ed anzi, una tale clausola risulterebbe anche ragionevolmente apposta se, di nuovo per assurdo, si ponesse, come si accennava poc’anzi, il caso del cliente “fedele” che, nell’ipotesi del contratto di telefonia, non cambi mai operatore e si limiti a prorogare il contratto anche per anni e anni. In tali casi, la preponente si troverebbe a dover corrispondere provvigioni a tempo indeterminato.

Se si continuasse ad erogare una provvigione in relazione alle vicende successive alla conclusione del Contratto di Agenzia, ciò comporterebbe una duplicazione compensativa in favore dell’Agente e quindi un doppio esborso per il preponente che già è tenuto a corrispondere l’indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 cod. civ.

6.Conclusioni. In conclusione, alla luce degli indirizzi giurisprudenziali e dottrinali indicati, si potrebbe addurre, da un lato, l’argomento secondo cui il momento di maturazione del diritto ad esigere la provvigione non sarebbe desumibile dall’art. 1748, c.1, “quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”, bensì dall’art. 1748, c. 4, cioè nel “momento (…) in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione”, sostenendo che il “quando”, di cui al c.1 dell’articolo, in realtà andrebbe interpretato come “se”, avendo l’unica funzione di indicare in quale caso la provvigione sia dovuta e non quando essa maturi.

Dall’altro lato, in considerazione della natura del contratto di telefonia, ossia di somministrazione ad esecuzione periodica, l’obbligo di corrispondere le provvigioni sorgerebbe in corrispondenza di ciascuna esecuzione: quella della società di somministrazione del servizio di telefonia su base mensile e, sempre su base mensile, quello del consumatore finale di corrispondere il prezzo. Ogniqualvolta perda di efficacia la fonte negoziale in forza di cessazione anticipata del contratto, l’obbligo di corrispondere le provvigioni per future esecuzioni, connesse al contratto promosso dall’Agente, non sorgerebbe mai, mancando un fatto o un atto idoneo a generarlo.

[1] Cass. 2 maggio 2000, n. 5467, in Giust. Civ. Mass. 2000, 912;

[2] Tale disposizione andrebbe, infatti, letta come attuazione dell’art. 7 della Direttiva, che recitava: “1. Per un’operazione commerciale conclusa durante il contratto di agenzia, l’agente commerciale ha diritto alla provvigione: a) quando l’operazione è stata conclusa grazie al suo intervento, o b) quando l’operazione è stata conclusa con un terzo che egli aveva precedentemente acquisito come cliente per operazioni dello stesso tipo. 2. Per un’operazione conclusa durante il contratto di agenzia l’agente commerciale ha parimenti diritto alla provvigione (i) quando è incaricato di una determinata zona o di un determinato gruppo di persone, (ii) quando gode di un diritto d’esclusiva per una determinata zona o un determinato gruppo di persone, e l’operazione è stata conclusa con un cliente appartenente a tale zona o a tale gruppo. Gli Stati membri devono inserire nella loro legislazione una delle possibilità cui ai due precedenti trattini.”.

[3] DEL PUNTA, R., Riflessioni sulla nuova disciplina del contratto di agenzia (d.lgs. n. 65 del 1999) ,  Dir. relaz. ind., fasc. 3, 2000, pag. 315 e ss.; SARACINI, E., TOFFOLETTO, F., Il Contratto di Agenzia, Ed. Giuffrè, Milano 2014, pag. 268 e ss. – che afferma che “quando”, a ben vedere, significa, in questo contesto “se”;

[4]     Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 17 gennaio 2008., Eredi di Paul Chevassus-Marche contro Groupe Danone, Société Krobeer brands SA (BKSA) e Société Évian eaux minérales d’Évian SA (SAEME).

[5]     Contrariamente a questa interpretazione si è espresso recentemente in dottrina anche GIACONI, M., Rapporto Di Agenzia: Recesso, Indennità ed Efficacia Soggettiva dell’AEC Commercio, Nota a Tribunale Torino, 30 dicembre 2015, n.1912, in RIDL, fasc.2, 2016, pag. 308;

[6]     Cass., S.U.,  29 novembre 1978, n. 5613, Presidente: TRIMARCHI M., Estensore: PIERI S., P.M. GAMBOGI A.;

[7]     Cass. 4 luglio 1991, n. 7380, Giust. Civ. Mass. 1991, fasc. 7;

[8]     Cass. 3 novembre 2011 n. 22353; Cass. 8 agosto 2008 n. 17951, ivi, 2007, I, 621;

[9]     Cass. 20 ottobre 1998 n. 10383; Cass. 6 giugno 1989 n. 2753; Cass. 26 maggio 1971 n. 1566, in Foro it., 1971, I, 2808;

[10]    Cass. 24 giugno 1995 n. 7169;

[11]    Cass. 15 maggio 2012,  n. 7550, in Giust. civ. Mass. 2012, 5, 614;

[12]    Cass. 15 maggio 2012,  n. 7550, cit.;

[13]    In questo senso, di recente, Trib. Siracusa 13 aprile 2016, n. 286, est. Favale, in Agenti & rappresentanti di commercio, fasc. 4/2016, pag. 23 e ss.;

vedi altri articoli di diritto del lavoro

Riccardo Fratini

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