Mansioni – Pillole di diritto del lavoro

La rubrica di oggi è dedicata alle mansioni del lavoratore, cioè a quello che il datore di lavoro può chiedere di fare al lavoratore durante l’orario di lavoro.

Bisogna innanzi tutto distinguere tra categoria legale e livello di inquadramento. Una categoria legale è un raggruppamento di lavori secondo la loro natura ed il grado di responsabilità del lavoratore. Quindi chiameremo operai i lavoratori che svolgono lavori di lavoro manuale, impiegati i lavoratori che svolgono lavori di lavoro amministrativo, quadri i lavoratori che coordinano il lavoro di gruppi di impiegati o operai e insieme svolgono mansioni amministrative ed infine dirigenti i lavoratori che controllano il lavoro degli altri e hanno potere decisionale su scelte di politica aziendale di diverso grado.

Una distinzione completamente diversa riguarda invece il livello di inquadramento. I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) prevedono infatti una suddivisione per livelli a seconda delle mansioni espletate all’interno di una categoria. Quindi ad esempio esisteranno, a seconda del contratto collettivo, impiegati di primo, secondo, terzo livello e così via.

Da tempo ormai impiegati e operai sono inquadrati congiuntamente e quindi troveremo una divisione per livelli unica per queste due categorie.

Venendo alle previsioni della legge su quello che gli avvocati chiamano Ius variandi, cioè diritto di cambiare qualche cosa del contratto, l’art. 2103 codice civile è stato da poco modificato dal Jobs Act.

Prima del 2015 il lavoratore poteva essere adibito alle mansioni per cui era stato assunto oppure a quelle che aveva acquisito in seguito ad una promozione, o, infine, alle mansioni “equivalenti” a quelle per cui era stato assunto.
Questo termine equivalenti era estremamente generico ed è stato oggetto di una lunga storia di contrasti interpretativi.

mansioni del lavoratore
Di Twice25 & Rinina25 (Fotografia autoprodotta) [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html), CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) o CC BY 2.5 (http://creativecommons.org/licenses/by/2.5)], attraverso Wikimedia Commons
Così nel 2015 il Jobs Act ha cambiato questa ultima previsione, stabilendo che il lavoratore, oltre che alle mansioni per cui è stato assunto o a cui è stato promosso, possa essere adibito a tutte le mansioni incluse nel medesimo livello di inquadramento del contratto collettivo.

Il problema principale di questa riforma è che questi contratti collettivi attualmente includono molte mansioni diverse nello stesso livello, perché sono stati negoziati prima quando il riferimento della legge era alla nozione di equivalenza e non ai livelli da loro individuati, che servivano solo per le retribuzioni.

Così attualmente quello che può succedere è che il portiere di un albergo potrebbe ritrovarsi da un giorno a un altro a fare il magazziniere, dato che le due mansioni sono previste dallo stesso livello.

Il lavoratore, però, ha un interesse a non cambiare radicalmente lavoro, in quanto, specializzandosi, affina la sua professionalità e quindi diventa più abile e può fare carriera.

Infatti è proibito il cosidetto “demansionamento” che consiste o nella privazione totale di mansioni oppure all’adibizione del lavoratore a mansioni di livello legale inferiore.

Riccardo Fratini

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